Le Grotte di Castel Corno di Isera
Luoghi di vita, di culto e di sepoltura di una piccola comunità alpina vissuta circa 4000 anni fa, fra le rupi di Castel Corno.
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Gli scavi e le ricerche archeologiche condotte dal Museo Civico di Rovereto negli ultimi 40 anni hanno aperto una finestra che ci permette di fare un salto indietro nel tempo di migliaia di anni per spiare la vita di una piccola comunità che frequentava la zona di Castel Corno, posto a metà strada tra i paesi di Lenzima e Patone, nel comune di Isera (TN).
Le grotte di Castel Corno sono state oggetto di numerosi sondaggi archeologici; le ultime ricerche, condotte fra il 1998 e il 1999 da parte del Museo Civico di Rovereto, hanno portato in luce un luogo di culto e di sepoltura d'epoca preistorica.
Il 13 dicembre 2022 è stato presentato al pubblico un volume che riassume e sviluppa tutti i dati finora raccolti e che getta un po' di luce su un periodo della preistoria della Vallagarina ancora poco conosciuto che si colloca fra la fine dell'età del Rame e l'inizio dell'età del Bronzo (XXV – XVII secolo a.C.).
Comprendere lo stile di vita e l'interazione con l’ambiente di comunità così antiche attraverso i dati di scavo non è un compito facile. Per rendere l'idea è come se tentassimo di costruire ipotesi sullo stile di vita di un nostro vicino di casa registrando meticolosamente tutti i rumori che trapelano attraverso i muri.
La storia che emerge dall'elaborazione dei numerosi dati raccolti è questa: molto prima delle prime frequentazioni umane, probabilmente subito dopo l'ultima grande glaciazione una frana si stacca dal versante orientale del Monte Biaena e si ferma poche centinaia di metri più sotto, dando origine a un complicato intrico di grotte dovuto al sovrapporsi casuale dei massi. I grossi macigni appuntiti su cui sorge Castel Corno fanno parte dello stesso movimento franoso.
Dipinto di Castel Corno.
Sembra che un piccolo gruppo di persone inizi a frequentare la zona dove ora sorge il castello durante l'età del Rame, utilizzando le vicine grotte come luogo di sepoltura. I defunti venivano deposti con poco corredo in posizione rannicchiata stesi su un fianco e coperti da un piccolo tumulo di pietre. In tutto sono stati trovati i resti di sette individui di varie età sui cui è stata condotta un'accurata analisi antropologica.
Resti di ossa umane ritrovati durante gli scavi del Museo Civico di Rovereto.
Uno di questi, un bambino di circa 11 anni, sarà il protagonista di uno dei prossimi appuntamenti con Science Break, nel quale si parlerà del tentativo di dare un volto a questo antico frequentatore della Vallagarina.
Col passare dei secoli le grotte sembrano però perdere questa loro funzione originale. All'inizio dell’età del Bronzo, infatti, sembra che i defunti non vengano più seppelliti qui ma che queste cavità rocciose siano state elette a luogo di culto dedicato agli spiriti degli antenati ai quali portare offerte votive. All'esterno delle grotte, invece, continua la vita quotidiana le cui tracce principali sono costituite da frammenti di contenitori in ceramica e strumenti in selce fra cui spiccano in particolar modo dei piccoli elementi taglienti che, uniti da una sostegno ligneo, andavano a formare la lama di un falcetto.
Gli scavi hanno anche dimostrato che le comunità qui insediate avevano una particolare predilezione per i frutti del corniolo che forse usavano anche per preparare delle bevande alcoliche ottenute con la loro fermentazione, come viene ipotizzato anche per altri siti coevi in regione. Sebbene l'uva fosse già sfruttata a livello alimentare non veniva ancora utilizzata per la produzione di vino. Queste bevande venivano probabilmente utilizzate anche per scopi rituali.
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a cura di Maurizio Battisti, Sezione Archeologia della Fondazione MCR