Anche gli alberi si ammalano
Nel nostro immaginario il bosco è un insieme di alberi forti e sani ma in realtà esso è naturalmente ricco di malattie. Una "giusta" dose di malattia fa bene all'ecosistema forestale favorendone le dinamiche, ma cambiamenti climatici e introduzione di specie alloctone stanno creando condizioni del tutto nuove dove gli antichi equilibri possono rompersi facilmente.
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Sotto l'ingrandimento di una lente il bosco ospita una variegata comunità microbica a cui appartengono anche funghi, batteri e virus. Difficile a credersi, ma queste presenze spesso inosservate influenzano lo stato di salute dei nostri boschi: esse garantiscono da un lato la perfetta funzionalità dell'ecosistema e dall'altro ne regolano l'evoluzione e la crescita, spesso proprio con le malattie.
Una giusta dose di malattia fa bene al bosco
Ogni albero può essere considerato un insieme di biomi costituiti da tutti i microrganismi presenti sulle foglie, sui fusti e nelle zolle radicali.
Queste comunità di microrganismi sono il motore dei processi ecosistemici e regolano sia l'assunzione degli elementi vitali sia la resistenza nei confronti degli stress, giocando una parte fondamentale nella vita degli alberi. Oltre ai microrganismi che agiscono come simbionti con le piante (come ad esempio i funghi micorrizici) ci sono gli organismi endofiti, ossia batteri e funghi che vivono nei tessuti vegetali senza manifestarsi, ed i veri e propri organismi parassiti o patogeni che possono creare un danno alla pianta stessa. Questi ultimi si nutrono a spese dei tessuti vegetali causandone l'alterazione o la distruzione. La loro azione apre la cosiddetta catena detritivora grazie alla quale la sostanza organica viene demolita e gli elementi base resi di nuovo disponibili per le piante.
Un tronco colonizzato da diversi funghi lignicoli mostra chiaramente il ruolo di questi patogeni: demolire il legno e restituire sostanza al bosco
I patogeni sono solitamente controllati internamente alle comunità boschive da processi di competizione ed antagonismo nonché di vera e propria predazione o iperparassitismo. In un contesto naturale, la presenza dei patogeni produce di solito danni limitati e localizzati: la forte biodiversità di specie e di genotipi, nonché la complessità di strutture irregolari con piante di diversa età e dimensioni, impedisce di solito lo sviluppo di focolai estesi. L'azione degli agenti patogeni è modulata inoltre dalla presenza di ostacoli fisici e dalla diversa suscettibilità degli ospiti. Ovviamente le condizioni microclimatiche e meteorologiche condizionano a loro volta il manifestarsi dei sintomi.
Può sembrare un paradosso ma i patogeni sono utili all'ambiente.
I patogeni sono utili per selezionare i genotipi meno adatti ed indirizzare il bosco verso composizioni più funzionali al contesto stazionale. In alcuni casi costituiscono un limite alla diffusione di alcune specie, come è per il pino cembro in alta quota, limitato dal fungo della neve Phaccidium infestans capace di svilupparsi sulle piantine solo in presenza di una forte copertura nevosa. Oppure come Heterobasision annosum la cui azione favorisce il crollo dei soggetti stramaturi, aprendo la strada alle giovani pianticelle di rinnovazione. Così pure si comporta la più comune Armillaria sp., per questo chiamata "lo spazzino del bosco".
Interventi umani e stress climatici possono alterare gli equilibri naturali.
I nostri boschi sono dunque co-evoluti con i patogeni da milioni di anni ma alcuni interventi umani di gestione del bosco (come favorire determinate specie, o semplificare in strutture monoplane e coetaniformi) possono alterare questi naturali equilibri e creare le premesse per danni più gravi.
Il vuoto creato da un focolaio di marciume radicale apre la strada al nuovo bosco
A questo si aggiungono poi gli stress meteo-climatici che influenzano sia nell'immediato che nel medio-lungo periodo le piante e le comunità microbiche. In particolare, i lunghi periodi siccitosi (come quelli dell'estate appena passata), magari alternati da intense piovosità, possono favorire patogeni delle radici come le Phytophthorae (come è il caso del mal dell'inchiostro del castagno).
In un contesto di cambiamento climatico, l'aumento della temperatura media sta favorendo patogeni prima poco comuni. Kretzschmaria deusta, agente di carie e di marciume, negli ultimi anni sta provocando danni ai faggi vetusti, mentre Botryosphaeria dothidea da endofita è mutata in agente di cancro sul carpino nero. La siccità prolungata di questi ultimi mesi rientra tra gli stress i cui effetti si potranno studiare solo nei prossimi anni.
L'introduzione di specie alloctone è un altro fattore di rischio.
L'uomo, infine, è il responsabile di un altro fattore di rischio: l'introduzione di specie alloctone, ovvero di organismi provenienti da altri ecosistemi capaci, in alcuni casi, di diventare invasivi. Negli ultimi due secoli gli esempi non sono mancati con conseguenze pesanti: basti pensare alla grafiosi dell'olmo che ha fatto sparire questa specie dai nostri paesaggi ed al cancro del castagno, fermato solo dal miracolo dell'ipovirulenza che ha reso il patogeno meno aggressivo. Anche recentemente le introduzioni non sono mancate, tutte o quasi legate al commercio di specie arboree. Tra gli ultimi arrivi ricordiamo la ruggine dell'ontano, Melampsoridium hiratsukanum, introdotta in nord Europa e poi propagatasi in tutto il continente e Hymenoschypus fraxineus, agente del deperimento del frassino che ha seguito più o meno lo stesso percorso. Quest'ultima malattia è molto interessante perché il fungo nel suo areale di origine nell'Asia orientale ha un modesto ruolo di decompositore delle foglie, mentre sui nostri frassini si comporta da patogeno uccidendo rinnovazione e adulti.
L’arrivo di Hymenoschypus fraxineus sta creando vistosi vuoti nei frassineti, facendo perdere un’importante specie di prima colonizzazione dei prati abbandonati. Un po’ di speranza è legata alla presenza di piante apparentemente immuni e resistenti
Per saperne di più:
Castello, J. D., & Teale, S. A. (Eds.). (2011). Forest health: an integrated perspective. Cambridge University Press.
La Porta, N., Capretti, P., Thomsen, I. M., Kasanen, R., Hietala, A. M., & Von Weissenberg, K. (2008). Forest pathogens with higher damage potential due to climate change in Europe. Canadian Journal of Plant Pathology, 30(2), 177-195.
Cordin, G., Messina, G., Maresi, G., Zottele, F., Ferretti, F., Montecchio, L., & Oliveira Longa, C. M. (2021). Kretzschmaria deusta, a limiting factor for survival and safety of veteran beech trees in Trentino (Alps, Northern Italy). iForest-Biogeosciences and Forestry, 14(6), 576.
Giongo, S., Longa, O., Dal Maso, E., Montecchio, L., & Maresi, G. (2017). Evaluating the impact of Hymenoscyphus fraxineus in Trentino (Alps, Northern Italy): first investigations. iForest-Biogeosciences and Forestry, 10(6), 871.
Ragazzi, A., Caprettti, P., Ghelardini , L., Moricca, S. (2020). Malattie delle piante in bosco, in vivaio e delle alberature. Patron editore
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a cura di Giorgio Maresi, patologo forestale Fondazione Edmund Mach